“Avendo fuggito ogni altro lavoro per paura, mi ritrovo a fare il lavoro che fa più paura di tutti.”
Comincia così il libro “L’arte di legare le persone”, di Paolo Milone. Con un abbraccio dipinto da Egon Schiele in copertina, ed il cuore tremante dalla prima pagina. Ciò che segue sono frammenti di storie, di persone, momenti fotografati che via via compongono la vita professionale e personale di un uomo che fa lo psichiatra, decidendo di non arroccarsi dietro un camice, ma restando umano tra gli esseri umani.
Per questo il libro inizia dalla ricerca di una stanza per i colloqui. I matti non sono cose, non sono nemmeno solo “matti”, sono persone, e tra persone si parla. Non era così scontato fino a prima della Legge Basaglia, quando i manicomi, i sanatori, erano posti in cui tenere lontani i diversi, quelli che creavano problemi, scompiglio. Ma trovare una stanza dei colloqui non è affatto banale:
“La sala dei colloqui non deve essere tanto grande, ma neanche tanto piccola. Non deve essere tanto illuminata, ma neanche tanto buia. Non deve essere tanto rumorosa, ma neanche tanto silenziosa”.
Parlare con una persona significa vederla davvero, rimandarle che esiste davvero; non è mica una cosa che possono sostenere tutti. Non sempre. Lo sappiamo anche noi “normali” quando parliamo con qualcuno che ci attraversa, le sue parole ci scavalcano e parlano a qualcuno che non siamo noi, ci fanno dubitare che esistiamo davvero. Altre persone invece sembra che posino lo sguardo proprio su di noi, le loro parole disegnano una linea perfetta tra le loro labbra e il nostro cuore, e a volte queste parole ci fanno sentire così esistenti al mondo che potremmo scoppiare, in lacrime o in una risata. Ecco, non è una cosa banale, quel sentirsi o non sentirsi al mondo; è il potere della relazione, del colloquio con un’altra persona che ci permette di sentire che non siamo soli, che esistiamo noi ed esiste un legame tra noi e il mondo, che la nostra vita ha un senso. Le persone che sperimentano una condizione psicotica ce lo ricordano attraverso il loro dolore: se la psiche non è abbastanza forte da reggere l’una o l’altra condizione, quello scomparire o scoppiare può diventare una sensazione intollerabilmente reale.
La sala dei colloqui allora non è un luogo fisico: è la nostra capacità di stare in relazione esattamente con l’altro, esattamente in quel momento. Il qui e ora relazionale in cui non esiste una cosa giusta o sbagliata da dire, ma esiste una cosa giusta per quel momento. Questo non si può prevedere, non si può imparare in un manuale, tantomeno applicare secondo protocolli.
- “Sono a cena da amici, il vino è buono, il figlio mi chiede che lavoro faccio. Spiego: io sono una specie di pompiere. Comincio a lavorare quando qualcuno sta tanto male che non si ricorda come si chiama. […] questa gente perduta, come in un incendio o in alto mare, io la vado a prendere.
- E come fai?
- Improvviso.
- Ma come? Non avete i protocolli in Psichiatria? Interviene il padre dalla cucina.
- Si, ma il paziente ha bisogno di uno che si stupisca, uno che si commuova, […]. Cerca te, ha bisogno di te, non dei protocolli. Cerca il medico non la medicina.”
Durante il gruppo di lettura che abbiamo tenuto lo scorso giovedì 17 Novembre presso la Biblioteca La Magna Capitana di Foggia, delle tante stimolanti riflessioni, forse questo tema è stato il più sentito. C’erano psicologi, medici, insegnati, genitori. C’erano persone che sicuramente, ognuna a diverso titolo, hanno a che fare con qualcuno che amano e che soffre. E ad un certo punto la grande domanda è diventata “come lo aiuto?”. Ecco, la risposta più difficile da accettare è che non c’è qualcosa di esterno a me; sono io l’aiuto, nella mia capacità di stare in relazione a quella persona, in quel momento. È la mia libertà di “legare” quella persona a me, in quel momento, di trasmetterle che è legata a qualcosa di buono, un mondo che non lo ignora e non lo divora.
Nel libro sono trattati temi importanti, spunti di riflessione imprescindibili per chi fa una professione di aiuto. E sono davvero contento che l’incontro con l’autore si terrà all’interno della Scuola di Psicoterapia Il Ruolo Terapeutico di Foggia. Una scuola nata negli anni ’70 in piena rivoluzione basagliana, che fa della relazione la sua centralità. Sergio Erba, fondatore della scuola, nasce come psichiatra in strutture pubbliche, dalle quali poi prende le distanze proprio per un’accesa posizione difensiva dell’umanità nella cura, della centralità della persona del terapeuta come parte, ugualmente a quella del paziente, della cura. E questo pensiero sopravvive e si dimostra sempre più necessario in un momento post pandemico ed emergenziale, in cui si parla tanto di aiuto psicologico, ma si rischia di fraintenderlo. Il vero aiuto, io ritengo, è restare umani, non farsi prendere dall’emergenza, assecondando la paura di non essere sufficienti e delegando totalmente a medicine o protocolli. Riconoscere il proprio limite è umano, utilizzare ciò che esiste a nostra disposizione per contenere una sofferenza incontenibile nella relazione è umano, ancora sapere che quei mezzi non sono una soluzione, ma uno strumento che, derogando ai limiti dello specifico caso, possono mettere due persone in condizione di iniziare ad avere una relazione di cura e di crescita.
Termino qui questo racconto sull’esperienza del gruppo, e anche con le citazioni del libro, che riporterei integralmente. Perché sia nel gruppo che nel libro emergono storie irripetibili, momenti di relazione e di legame che non possono essere riportati o spiegati, ma solo vissuti. Anche per questo ho molto sentito questo libro, perché nella sua struttura frammentata e poetica, ricalca il linguaggio comune alla follia e all’amore, un linguaggio che dice tanto, e ancor più lascia spazio a ciò che non può essere detto.
A ben guardarlo, “Autoritratto con camicia” di Schiele, a modo suo, riassume questa complessità. Non si sa da dove arrivino quelle mani, non si vedono braccia che legano le mani al busto, non si sa nemmeno di chi siano quelle mani. Ma fanno il gesto di un sostegno che comprime “la vita”, per tenerla insieme, come il tentativo di un abbraccio, slegato.
Appuntamento con Paolo Milone ed il suo libro “L’arte di legare le persone” Sabato 26 novembre presso la Scuola di Psicoterapia Il Ruolo Terapeutico di Foggia – via Fania, 10.
Ingresso libero e gratuito, gradita la prenotazione qui
Entrambi gli incontri del gruppo di lettura in Biblioteca e con l’Autore presso Il Ruolo Terapeutico sono promossi dal Presidio del Libro RivoltaPagina nell’ambito del tema annuale “Homo Sapiens?”
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