Nel 1947 i filosofi Adorno ed Horkheimer coniarono l’espressione “Industria Culturale”. Non più esseri umani che sviluppano la loro Cultura, ma consumatori in una società industriale, un gregge da spostare in massa, capi di bestiame da aggregare e commercializzare. Parlavano di “sterilizzazione delle coscienze”. Coscienze asettiche, tutte uguali e incontaminate dal pensiero critico. Oggi potremmo parlare di Industria Psicologica.
Cosa sta avvenendo?
A distanza di 75 anni l’industria culturale sta diventando industria psicologica. Il pensiero dominante è che una piattaforma, un sistema, un protocollo debba “aggiustarmi”, togliermi il malessere. Prima stavo bene. Prima, quando ero bambino e giocavo alla play, scorrevo i tiktok, non dovevo confrontarmi col mondo, prima di incontrare la Vita. E allora, tra un post e un reel, mi viene fuori la pubblicità di una piattaforma di psicologi dove, a basso costo, qualcuno ha già capito proprio il mio problema e già, in parte, mi dice come risolverlo. Posso accedere gratuitamente a un primo colloquio, poi gli altri saranno scontati e potrò svolgerli comodamente online da casa. Anche l’influencer di turno, che ieri promuoveva un brand di patatine o di ciabatte, oggi mi parla di questa piattaforma, e mi dà anche un codice sconto. Se si è trovato bene lui, perché no?
Peccato che tutto il sistema Industria Psicologica/consumatore rischi di portare, a mio avviso, un fallimento sociale. O un successo industriale, dipende dai punti di vista. Si perché il malessere psicologico in generale è un processo fisiologico che ha bisogno di essere sviluppato, non coccolato e anestetizzato. I pazienti giustamente vorrebbero essere confortati, che il dolore smetta. Lo psicologo invece dovrebbe godere di autorità tale da poter accompagnare nella frustrazione di questo desiderio, allenarlo alla relazione con la Vita, perché un paziente impaurito diventi lo splendido forte essere umano, uomo e donna in piena adultità di tutte le sue parti psichiche.
Quale autorità può avere uno psicologo online, semi-gratuito, scontato, pagato a cottimo non direttamente da me ma dalla piattaforma dalla quale è ospitato? Quale percorso può aver fatto questo professionista, quale fiducia ha avuto in sé stesso e quale investimento ha fatto sulla propria adultità, se sceglie di lavorare dietro uno schermo che asseconda le fantasie di “comodità” dei pazienti? Ecco che il cerchio si chiude. La frustrazione si interrompe, perché il potere è completamente sbilanciato. Il paziente-consumatore ha il telecomando in mano, può cambiare canale, perché (giustamente) dovrebbe affrontare la frustrazione con una figura autorevole, pagarla, faticare emotivamente, fisicamente, economicamente, quando può scorrere la piattaforma e scegliere qualcun altro?
Non voglio essere frainteso, “il paziente fa il paziente” ed è giusto che lo faccia. Chiunque stia male desidera stare bene, ed è naturale che sia mosso dall’urgenza, dal bisogno di essere curato. Ciò che mi spaventa è un’offerta commerciale che sfrutti questo bisogno, lo illuda e lo trasformi in un’occasione mancata ma remunerativa. Scontata, s’intende. Il mercato non desidera che il paziente-sofferente cresca. Desidera che trovi sollievo subito, ma rimanga in uno stato infantile-dipendente.
Della Psicoanalisi spesso si contesta che sia un lavoro lungo e poco definito. Esatto, dico io, il paziente si trova subito a fronteggiare la misteriosità della vita, dell’amore, dell’incontro con l’Altro. Ed a comprendere che le cose importanti, come la sua crescita, non arrivano con un click sul tasto “compra subito”, o ancora prima pagando il servizio premium. Ci vuole fiducia, dedizione, cura, rispetto e amore.
Nell’Industria Psicologica la Psicoanalisi è rivoluzionaria
Si, la Psicoanalisi è rivoluzionaria, è appassionante, non deve essere un analgesico, ma un viaggio avventuroso dove solo alla fine si scopre di essere cresciuti e di non avere bisogno di “altri” per stare bene, ma di desiderare di incontrare l’Altro, le Persone, la Vita.
La Psicoanalisi serve ad appassionarsi alla vita, e questo può avvenire solo smettendo di avere paura. Paura di incontrare i compagni, i colleghi, le donne, gli uomini. La paura di stare male, la paura di essere troppo piccoli o di invecchiare, la paura di soffrire o di non sentire niente, la paura della paura, la paura della vita.
“Se c’è una cosa che mi fa spaventare / Del mondo occidentale è questo imperativo di rimuovere il dolore / Secondo me ci siamo troppo imborghesiti / Abbiamo perso il desiderio / Di sporcarci un po’ i vestiti”
Brunori Sas lo chiama “il desiderio di sporcarci un po’ i vestiti”. Questa è la psicanalisi. Ci si sporca un po’ i vestiti come ad una festa o ad una rissa, ci si sporca lavorando per realizzare qualcosa, ballando perché si è felici, o correndo dallo psicologo per non fare ritardo, per raccontargli un sogno, o per dirgliene quattro perché sei scontento/a di lui.
In Psicoanalisi si smette di avere paura di sporcarsi un po’ i vestiti, si dovrebbe talmente smettere di avere paura che alla fine si scopre l’Eros, quella passione ardente per la vita, quella voglia di incontrare tutto, anche il dolore, perché ha senso anche quello, è il mio dolore, ed in un quadro singolarmente bello non possono esistere le luci senza le ombre, i colori splendenti senza quelli scuri, e mi piace così perché è meravigliosamente il mio quadro.
Tutto questo, mi chiedo, come possa essere possibile online, come possa essere possibile pagando una multinazionale con carta di credito, che gira allo psicologo che sta chissà dove, una parte del mio compenso. Non ci si tocca più neanche per pagarsi. Come possiamo pensare addirittura di crescere, di diventare adulti, indipendenti, senza neanche poterci incontrare?
Illusione
Questa è la grande illusione dei nostri tempi, che il benessere si raggiunga pagando un servizio, un’assistenza clienti del prodotto ‘vita’, come se non fosse mia, ma a noleggio dalla multinazionale di turno.
E invece il benessere, io credo, si guadagna facendo i conti con la propria vita, desiderando di essere aiutati e poi arrabbiandosi, protestando vis-a-vis con un terapeuta che non ti dà ciò che ti aspetti, per questo lo affronti, lo combatti, lo ami e lo odi, e affrontando lui stai imparando ad affrontare la vita tutta intera. Ma per far questo ci vuole un terapeuta adulto, capace di comprendere la relazione, comprendere cosa avviene nello scambio con il paziente, misurare gli sguardi, insegnare a sostenerlo lo sguardo, perché sostenere lo sguardo autorevole significa, come premio finale, diventare autorevole a tua volta, autenticamente adulto, e libero.
Sicuri che questo si possa fare acquistando sedute online come fossero crediti per Candy Crush?
Non me ne vogliano i pazienti che hanno provato le piattaforme online e “si sono trovati bene”, e non me ne vogliano i colleghi che, per una ragione o per l’altra, ci lavorano.
Non sono un puritano. In passato ho lavorato per multinazionali non proprio “green”, e anche oggi che ho scelto di non lavorarci più, non smetto di essere consumatore e di utilizzare i loro servizi. Non sono un integralista e credo che il mondo sia fatto di tutto, e tutto abbia il diritto di esistere. Ma credo che sia importante leggere il presente, comprendere di cosa siamo parte oggi, e qual è la nostra parte. Se ad un certo punto della mia vita ho fatto una scelta radicale, ho scelto di diventare uno Psicoterapeuta; ed ho scelto di diventare uno Psicoanalista proprio per il valore umano e la carica rivoluzionaria di cui questo pensiero è portatore.
Rivoluzionare nell’accezione di trasformare: il dolore in forza, la paura in amore, la dipendenza in libertà. Temo che i nostri tempi, promettendo aiuti facili, fast-help come fast-food, trasformino le persone in consumatori, abituino il palato alla junk-psicologia così come al junk-food. E ripeto, non sono un integralista, anzi, non disdegno i fast-food o un panino per strada, ma conosco la differenza, e non ne farei una dieta regolare, soprattutto in un’età in via di sviluppo.
Perché la mia preoccupazione maggiore non sono le persone già adulte e formate, magari in un momento di difficoltà circoscritto; ma sono i giovani che stanno in quest’epoca creando la loro personalità, la loro idea di adultità, e saranno loro a creare il mondo adulto fra qualche anno. Ed è proprio a loro che questa industria psicologica si rivolge, utilizzando influencer come sponsor e social come canali di marketing privilegiato. Sono proprio loro che dovremmo proteggere dall’idea che il mondo vero non è questo, ma un altro, che una psicoterapia è una relazione adulta in cui crescere. Altrimenti come spiegare che postare su instagram le corse in autostrada non è un normale passatempo, che farsi pagare per svestirsi dietro una cam non è un lavoro? O meglio, possono essere scelte, ma una scelta è frutto di una possibilità adulta, non dell’immaturità o incapacità di accedere ad un’alternativa.
Del resto, riprendendo Adorno, il sistema che si sviluppa attraverso l’industria culturale “riesce ad imporre valori e modelli di vita, funzionali al mantenimento del suo dominio sulla società. In tal modo il sistema è capace di creare vaste aree di consenso, senza dare agli individui che lo subiscono la percezione di essere sottoposti ad un regime che di fatto li priva della loro libertà.”
Non vi sembra una prospettiva attuale anche nel mondo della terapia psicologica? Che si stia già trasformando in Industria Psicologica?
Riferimenti
Dott. Alessio Tortorella – Psicologo Psicoterapeuta – Chi sono